Da anni si aspettava una vera riforma della responsabilità in ambito sanitario. Troppi i contrasti giurisprudenziali, i diversi orientamenti della Suprema Corte su tematiche che riguardano tanto il singolo medico, quanto le strutture pubbliche e private, e le relative garanzie derivati dai contrattiti assicurativi a copertura del rischio.
Per troppo lungo tempo il pubblico ed il privato in ambito sanitario, sono stati messi su piani diversi, come se l’assistenza sanitaria potesse assumere volti e contorni differenti a secondo della fonte economica (pubblica o privata) impiegata: era un po’ come voler sottolineare che il principio di eguaglianza dovesse necessariamente assumere i ben noti e diversi aspetti formali e sostanziali, anche in relazione alla salute, alle cure, al valore uomo (costituzionalisti di tutta Italia ribellatevi!!)
Ecco allora, che La legge 24/17 “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” per la prima volta equipara, effettivamente, la sanità pubblica e quella privata, senza distinzione alcuna, con l’obiettivo di porre il paziente al centro del “sistema salute”, e non perseguire più il rimedio, ma realizzare la prevenzione.
All’errore medico, infatti, segue immediatamente la ricerca del colpevole, del sanitario autore della prestazione: “la deve pagare!!!”, pensa da subito il danneggiato, il più delle volte fomentato dai familiari.
È una predisposizione culturale quella di voler cercare un capro espiatorio per tutto, un bersaglio da colpire per allontanare i cattivi pensieri: non è, però, con la punizione che si raggiunge il progresso!
Le sempre più numerose cadute dei medici nella rete della responsabilità civile e penale, non hanno fatto altro che vederli impegnati più a difendersi che a curare, con enormi spechi di danaro e di risorse pubbliche.
Un eccellente medico definì la chirurgia “una donna che si ama per tutta la vita”, un amore che devi alimentare con la stessa passione che ti dona lei, una continua ricerca di salvezza.
Tutto questo oggi è spento, è tarpato dallo sconsiderato uso della medicina difensiva: massima cautela del medico che, al fine di evitare future ed eventuali responsabilità, in casi evidentemente rischiosi non interviene (medicina difensiva passiva), ovvero consiglia numerose ed ultronee indagini diagnostiche (medicina difensiva attiva).
Molti gli indici di modernità contenuti nella nuova legge: azione diretta nei confronti della Compagnia, applicazione degli artt. 138 e 139 del codice delle Assicurazioni Private per la quantificazione del danno, uso dell’accertamento tecnico preventivo anche come strumento deflattivo del contenzioso, istituzione dell’osservatorio delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, trasparenza dei dati.
Indici di modernità che, però, non tengono conto dell’impatto sulla popolazione e del modello culturale che agita tanto la sanità italiana quanto i fruitori dei servizi sanitari. Siamo sicuri che rendere più “facili” e snelli i giudizi sulla responsabilità sanitaria rappresenti la giusta strada in una materia di così ampia rilevanza sociale?
Dèjà vù: la prima impressione è quasi assimilabile a quella che fece storcere il naso agli esperti di tematiche sociali, all’indomani dell’introduzione nel nostro sistema di forme flessibili di lavoro.
Un paese il nostro, troppo radicato al posto fisso.
Un paese in cui la flessibilità sconta il peccato di trovare un mercato del lavoro che incontra offerta 10 e domanda 100, prestando così il fianco ad utilizzi ambigui della flessibilità.
La miopia del legislatore non è mancata: è stato infatti sottratto al dibattito in aula la formulazione dei decreti attuativi che costituiranno il vero cuore della riforma, incidendo così – cosa mai accaduta prima – nella logiche economiche, giuridiche e finanziarie del sistema sanitario italiano. Parlare di sanità, oggi, significa insistere su diversi terreni: economia, innovazione, cultura, diritto, scienza, giustizia.
Se è vero che un grande paese lo si riconosce da tre cose, istruzione, sanità, giustizia, ed anche se il Legislatore, con la legge 24/17, ha voluto normare, innovare e coordinare la giurisprudenza che si è creata negli ultimi anni in tema di responsabilità professionale medica, il cammino verso una sanità responsabile, verso un risk management vera sintesi tra prevenzione e cura, è appena iniziato e può essere solo il frutto della politica.
Complimenti ! Hai avuto la capacità di unire la acutezza e disciplina della visione legale con la sensibilità di chi percorre la strada tortuosa ed impegnativa del medico che vive la realtà di oggi in Italia . Penso che persone come te contribuiscono ampiamente a rendere migliore il nostro Mondo lavorativo , Grazie ! Pino Tufano