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Guelfi e Ghibellini parte I^

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Raccontare quello che è accaduto in Italia dal quattro marzo data delle Elezioni Politiche e quello che ne sia conseguito fino ad oggi, davvero non è facile e sicuramente lascerà qualcuno scontento per quello che scriverò. Ho detto a più riprese che all’Atlantico, alla nascita di Liberi e Uguali ero convinto che la sinistra fosse sulla strada giusta. Quando parlo di sinistra, in quel lontano dicembre del 2017 intendo i residui di Sinistra Ecologia e Libertà di Nichi Vendola che con i fuoriusciti del Partito Democratico avevano immaginato un percorso comune. C’erano gli esponenti di “Possibile”, il movimento politico di Pippo Civati, primo ad andare via dal PD; “Sinistra Italiana”, costola di S.E.L., capeggiata da Nicola Fratoianni; “Articolo Uno-Mdp”, formazione politica di tutto rispetto che annoverava tra le sue fila: Bersani; D’Alema; Speranza; Rossi; Epifani e una pletora di ex parlamentari PD. Insieme a loro cofondatore di Articolo Uno Mdp, Arturo Scotto, già capogruppo di S.E.L. alla Camera, come Piero Fassina anche lui fuoriuscito dal PD. Mancavano all’appello “Campo Progressista” di Giuliano  Pisapia e Laura Boldrini, “Libertà e Giustizia”, dei due intellettuali Tomaso Montanari e Anna Falcone. Questo il perimetro entro cui si poteva muovere dal 5 dicembre 2017 alle elezioni del 4 marzo 2018 la Sinistra italiana. A onor del vero in platea erano presenti anche alcuni ex parlamentari socialisti tra cui Bobo Craxi, per far comprendere la portata dell’evento. Alle elezioni al neonato Movimento “Liberi e Uguali”, aderiscono le sole donne: Laura Boldrini per “Campo progressista” e Anna Falcone per “Libertà e Giustizia”, la prima sarà eletta, la seconda con grande rammarico no. Tutti uniti intorno al progetto di rappresentare la sinistra e soprattutto dall’esperienza comune di aver sostenuto il “NO” al fatidico Referendum che ha sancito la a scomparsa di Renzi dalla scena politica italiana, solo lui non se ne rende ancora conto, continuando a far del male, al PD e all’intera sinistra. Dal 5 marzo chiaramente, alla luce dei risultati, LeU poteva davvero rappresentare l’idea di una collaborazione governativa con il M5s, primo partito italiano. I confini politici dei cinque stelle si muovono in due direzioni, quello moderato rappresentato da Di Maio verso la destra e quello di sinistra rappresentato da Roberto Fico verso il PD. Entrambi falliscono gli obiettivi, il primo perché bisognava imbarcare Berlusconi e mettere insieme il’ex cavaliere e Grillo sarebbe stato davvero esilarante. A sinistra c’è stato il veto assoluto del PD che con il suo segretario pro tempore, in pratica che non serve a nulla, organizza una farsa dove molti in sala vanno via e si decide di comprare quintali di popcorn da distribuire davanti agli schermi in attesa di vedere il proprio nemico passare sul social. Citare Renzi è solo uno spreco di battute sulla tastiera. Chiaramente il governo “s’ha da fare”, il povero Presidente della Repubblica Mattarella ne prova di tutti i colori: “Governo a guida Castelli, Presidente del Senato; Governo a guida Fico, Presidente della Camera dei deputati; Governo Di Maio ma nessuno ci sta. Si passa ai Governi di transizione, di scopo, balneare, a tempo, tecnico, istituzionale, di scopo, di disperazione, macché, falliscono tutti. Alla fine il paziente Presidente chiama i due vincitori e chiede di fare un nome, Di Maio e Salvini, dopo alcune titubanze, tirano fuori dal cilindro il nome di Giuseppe Conte, giurista, già tra la lista dei ministri di un eventuale governo a cinque stelle, se avessero avuto l’autosufficienza di vincere da soli. Il nome è di tutto rispetto, giurista, professore universitario, di estrazione di sinistra, bell’aspetto, insomma forse la persona giusta. Chiaramente la stampa e i programmi iniziano l’opera di erosione verso l’opinione pubblica per cercare ogni cavillo contro Conte, la diarchia Di MAio-Salvini tiene. Quando Mattarella chiama il Presidente del Consiglio incaricato Conte, scoppia la bomba. Ministro dell’economia è stato indicato Paolo Savona, già ministro del governo Ciampi nel lontano 1993. Mattarella all’uscita dalla stanza dove si fanno le consultazioni, promuove il governo Conte ma si oppone alla nomina di Paolo Savona, reo di essere diventato anti europeista. Apriti cielo, lo spread già a livelli di guardia supera quota trecento, la borsa perde punti. Il primo a intervenire è Salvini che chiede la data delle elezioni dal 24 giugno festa di San Giovanni a ferragosto, per lui fa lo stesso “che il presidente indichi la data del voto”, laconico. Il giovane leader del M5s, Luigi Di Maio invece chiede di comprare bandiere o prendere quelle che usiamo per i mondiali e che avevamo messo in soffitta e andare tutti in piazza il 2 giugno per chiedere l’Impeachment per Sergio Mattarella, reo di non aver rispettato la volontà popolare. Il dibattito si fa caldo, da un lato i sostenitori della costituzione che da ragione a Mattarella, dall’altra quelli che dicono “è vero c’è una discrezionalità del presidente, ma le elezioni hanno dato ragione a M5s e Lega, come non rispettare le indicazioni?” Chiaramente, come i condor nel deserto, messe da parte i popcorn, il popolo del PD, che voleva strafalciare la costituzione un anno e mezzo fa, oggi chiede la piazza il primo giugno per difenderla. Cosa c’era su quei popcorn? Non lo sapremo mai. Sembra essere ritornati indietro nel tempo all’epoca dei Guelfi e dei Ghibellini. “Costituzione sì, Costituzione no, questo il dilemma che attanaglia per una settimana o quasi il dibattito nei Bar, parlare di politica è un’offesa al significato semantico del termine”. Tutti a rimproverare a Luigi Di Maio di essere stato incastrato da Matteo Salvini che con lui ha giocato il gioco delle tre carte, scaricandolo sulla proposta d’impeachment. Vero, perché i sondaggi danno un aumento di otto punti percentuali alla Lega di Salvini che si attesta al 28%, un calo di tre punti al M5s, al 30%. La cosa divertente è che anche tutta l’opposizione perde punti, da Forza Italia, a Fratelli d’Italia a LeU, PaP, solo il PD recupera lo 0,2%, saranno i venditori di popcorn.

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